Tutti sappiamo che il gioco rappresenta una fase fondamentale nello sviluppo cognitivo dei nostri bambini.
La fase ludica è talmente importante che l’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha definito il gioco come diritto inviolabile ed insindacabile di ogni bambino, con una legge del 20 novembre 1989.
Capiamo meglio come il gioco influisce sullo sviluppo cognitivo dei bambini e qual è il ruolo di noi genitori.
Cos’è il gioco?
Il gioco, per definirsi tale, deve possedere alcune caratteristiche:
- Piacevolezza e divertimento: quello del gioco deve essere un momento, per prima cosa, piacevole per il bimbo che lo compie
- Gratuità: va da sé che non stiamo parlando del giocattolo che, ovviamente, avrà un contesto, ma della fase del gioco in quanto tale
- Limiti spazio-temporali: quella del gioco deve essere una fase momentanea della giornata e limitata ad alcuni luoghi
- Improduttività: il gioco non deve avere alcuno scopo se non quello di divertire chi lo sta facendo
- Volontà: un gioco non può essere tale se non viene compiuto volontariamente dal soggetto
- Motivazione intrinseca: il gioco non ha bisogno di rinforzi, quello che ci spinge a giocare viene dall’interno di ognuno di noi
Il gioco per i bambini
Mentre per noi adulti il gioco, se ancora viene praticato, risulta un momento di evasione dalla routine, non è così per i nostri bimbi.
Per i bambini il gioco è una cosa seria: rappresenta la loro principale attività ed è, nel vero senso del termine, il loro lavoro.
In questa funzione totalizzante, il gioco rappresenta per i più piccoli una moltitudine di significati.
Infatti, se da un lato è divertimento, dall’altro si tratta di un mezzo con cui i nostri figli possono esplorare il mondo che li circonda e le relazioni sociali e comprenderli.
Il gioco può assumere anche una funzione liberatoria dalle preoccupazioni e dalle paure che affliggono i bambini, può aiutarli ad apprendere e a socializzare, oltre a costituire un mezzo fondamentale per distaccarsi dalla realtà.
E tu che pensavi che fosse solo un passatempo…
Il gioco e lo sviluppo cognitivo: relazione e fasi
Era il 1940 quando vennero rilasciati i primi studi sull’interrelazione tra il gioco e lo sviluppo delle capacità cognitive dei bambini.
Nel gioco il bambino sorprende se stesso e, attraverso la sorpresa, impara ogni giorno metodi diversi per entrare in correlazione con il mondo in cui vive.
Secondo Jean Piaget il gioco rappresenta “la più spontanea abitudine del pensiero infantile”, stimola la memoria, il linguaggio, l’attenzione e la concentrazione oltre a favorire lo sviluppo di schemi percettivi e di capacità di relazione. Da questo deriva la logica conseguenza che una scarsa attività ludica possa compromettere o ritardare lo sviluppo di tutte queste facoltà.
Secondo Piaget lo sviluppo del comportamento ludico si articola in 3 fasi:
- Giochi di esercizio: si riscontra nel primo anno di vita e comprende tutte quelle attività che tendono ad imitare il comportamento degli adulti di riferimento. In questo modo, il bebè impara a conoscere il mondo che lo circonda e a coordinare il suo corpo nello spazio.
- Giochi simbolici: in questa fase, che va dai 2 ai 6 anni, i bambini sono in grado di rappresentare, tramite gesti o schemi appresi, una situazione non attuale. In questa fase, creatività e immaginazione sono le facoltà principali che permettono al bambino di rappresentare esperienze viste ma non vissute.
- Giochi con regole: sono i giochi che caratterizzano la fascia di età tra i 7 e i 10 anni e sono caratteristici di una fase nella quale il rapporto con gli altri assume una valore sempre più importante. Le regole richiedono capacità di condivisione e di socializzazione oltre al riconoscimento di limiti e confini.
Quali giochi sono adatta all’età del bimbo?
Gli studiosi individuano 5 fasi nella crescita del bimbo, legate ad altrettante tappe dello sviluppo cognitivo del bimbo.
0-1 anno: i primi giochi del bambino coinvolgono prevalentemente il suo corpo, ma anche gli oggetti circostanti attirano la sua attenzione. Per questo, in questa fase, sono necessari giochi dal carattere esplorativo e ripetitivo che lo aiutino a distinguere tra il sé e il non sé.
2 anni: il bambino comincia a percepire il distacco dalle figure di riferimento (mamma e papà) e subentra l’oggetto “transazionale” che viene dato al bimbo per rassicurarlo nel momento in cui mamma e papà sono lontani.
3 anni: compaiono i primi giochi di socializzazione e il bimbo è interessato a giocare con i suoi coetanei e ad interagire.
4-5 anni: in questa fase il gioco rappresenta le sensazioni interiorizzate dal bimbo, quindi, giocare alle bambole, al dottore, a nascondino possono servire al bimbo per raccontare sensazioni o eventi che vive nella quotidianità.
6-10 anni: arrivano i giochi di gruppo e con regole che consentono al bimbo di sperimentare lo stare con gli altri nel rispetto delle regole stesse.
Il ruolo di mamma e papà
I genitori sono fondamentali per accompagnare il bimbo nella sua crescita attraverso il gioco. Giocare insieme ai nostri figli è importantissimo per diverse ragioni.
Per prima cosa, permette di creare un legame tra genitori e figli: sono momenti condivisi nei quali il bimbo si sentirà accudito e legittimato.
In più, i genitori sono i maestri di gioco migliori. Guidano il bimbo nel suo percorso di scoperta e lo supportano passo dopo passo anche giocando.
Quindi, anche se i mille impegni della vita quotidiana complicano le cose, è importantissimo prendersi del tempo per giocare con i nostri figli.
Il gioco è una cosa seria e, come tale, prevede fasi diverse a seconda dello sviluppo del bimbo. Se sei in dubbio su quali siano i giochi migliori per il tuo bambino su universobibmo.com trovi la soluzione perfetta per ogni fascia d’età.